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PERCHE’ MOLTI PRETI SONO
PEDOFILI? 
Intervento di uno psicoterapeuta

Sempre più spesso, nonostante la censura di Stato si affanni per impedire la divulgazione di questo genere di notizie, vengono riferiti dalla stampa, ma soprattutto dai siti internet italiani ed esteri, episodi di pedofilia che hanno come protagonisti dei preti. 

Che si tratti di una vera e propria “epidemia” lo dimostra anche lo zelante interessamento del signor Giuseppe Ratzinger il quale, qualche anno fa, da cardinale, interveniva con veemenza contro i media americani che “osavano” diffondere questo genere di notizie, che potevano turbare i fedeli e gettare discredito sulla Chiesa cattolica. 

Evidentemente già da allora il modello di “informazione corretta” adottato da Ratzinger era quello italiano, enfatico e trionfalistico quando si tratta di osannare il papa, omertoso e mistificatorio quando si tratta di nascondere le malefatte della chiesa o dei suoi funzionari. 

La mancanza di pudore da parte del signor Ratzinger giunse persino a fargli teorizzare che, poiché la percentuale di preti con esperienze di pedofilia (che in America viene stimata fra l’1 e il 6%) non sarebbe superiore a quella della popolazione generale (il che è tutto da dimostrare), ciò dovrebbe indurre i giornalisti a considerare del tutto “ovvio” che debbano esistere dei preti pedofili, quantomeno in quantità tollerabile e statisticamente “inevitabile”, al punto da non creare più “inutili” e inopportuni scandalismi di fronte a tali eventi che, sempre secondo Ratzinger, non dovrebbero nemmeno “fare notizia”, essendo in qualche modo già “scontati”. 

Ora, ci si potrebbe domandare come mai la Chiesa non ha mai spiegato perché fare il prete cattolico non attenui, o perlomeno non ponga un freno morale, a queste disinvolte tendenze che, non dimentichiamolo, producono veri e propri crimini e non peccatucci veniali. Da coloro che si proclamano predicatori di verità divine nonché strenui difensori di inconsapevoli embrioni, sempre pronti a condannare tutto e tutti, ci si dovrebbe attendere quantomeno un minimo di coerenza e di comportamenti esemplari, ma evidentemente così non è. 

Sta di fatto che questo atteggiamento di copertura verso i preti pedofili sarebbe  costato a Ratzinger  un procedimento giudiziario negli Stati Uniti, per oggettivo favoreggiamento, se non fosse che la nomina a papa ha fatto decadere la possibilità di proseguire l’iter, ed arrivare magari ad una condanna. Questo è avvenuto non in quanto Ratzinger è divenuto capo di una chiesa, ma in quanto “capo di Stato” estero,  ovvero del Vaticano, quindi, secondo le leggi vigenti negli USA, “immune” dalla competenza dei tribunali. 

Quanto alla situazione americana, vale la pena ricordare che la sola diocesi di San Francisco, in California, ha patteggiato risarcimenti alle famiglie dei bambini vittime di preti pedofili, per ben 21 milioni di dollari. Per tutti gli Stati Uniti le cifre dei risarcimenti si aggirano intorno al miliardo di dollari. Un vero disastro economico per il cattolicesimo americano, che oltretutto non gode di alcun finanziamento pubblico.

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Al di là di queste notizie viene da chiedersi: perché i preti diventano pedofili? Molti penseranno che sia uno degli effetti del celibato forzato, ma se dipendesse semplicemente da questo, dovremmo osservare somiglianze statistiche con analoghe situazioni di castità obbligatoria, cosa che non risulta. Del resto, se la condizione di celibato diventasse insostenibile per il prete, perché non ripiegare nella normale eterosessualità adulta, più o meno clandestina? 

No, certamente il comportamento pedofilo non può essere spiegato con la semplice repressione sessuale, nemmeno se esasperata e prolungata negli anni.  

Sebbene la pedofilia sia un crimine particolarmente odioso perché colpisce le vittime più indifese e disarmate, va tuttavia detto che essa evidenzia uno stato di regressione psichica da parte di chi la mette in atto. 

Un pedofilo non è mai completamente adulto, bensì cerca, a livello inconscio, di rievocare simbolicamente la sua stessa infanzia. La mancanza di maturità sessuale da parte dei  preti, che l’esperienza del seminario non ha certo potuto permettere,  potrebbe aver “fissato” lo stato evolutivo psichico ad uno stadio preadolescenziale.  

Questa interpretazione narcisistica del comportamento pedofilo dei preti sarebbe confermata dall’osservazione dell’età media delle vittime, spesso compresa fra gli 8 e i 12 anni. Va anche sottolineato che nella quasi totalità dei casi si tratta di pedofilia omosessuale, ed anche questo elemento ci fa capire come il prete pedofilo abbia pesanti conflitti da risolvere con sé stesso, con la propria sessualità, con la propria storia e  soprattutto con la propria identità. 

La pedofilia è comunque un fenomeno estremamente complesso, non è semplicemente espressione di tendenze regressive infantili negli adulti (altrimenti i pedofili sarebbero milioni!).  

Va considerato un altro fondamentale aspetto: il rapporto sado-masochistico. Anche qualora non vi sia violenza, è innegabile che il pedofilo, per sottomettere la vittima, faccia leva sul suo potere adulto e sulla sua superiorità fisica e psicologica.  

E’ anche evidente che lo scopo del pedofilo non è di procurare piacere, ma di ottenerlo, anche usando la propria preda come fosse un giocattolo inerme. C’è dunque una notevole componente ideologicamente autoritaria nella pedofilia. Un autoritarismo che si esprime come un bisogno di possessivismo morboso, invincibile, da cui non ci si può sottrarre.  

E’ estremamente significativo che in molti episodi riportati dalle cronache, si nota che i preti pedofili generalmente non prendono particolari precauzioni per nascondere i propri perversi comportamenti. Nel loro delirio di onnipotenza (che è anch’esso di origine infantile) essi preferiscono contare sulla omertà delle proprie vittime piuttosto che sul mettere in atto i comportamenti devianti in contesti protetti, magari lontano dal proprio ambiente.  

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A questo punto possiamo avanzare un’ipotesi che forse dà un senso logico a tutto quanto esposto precedentemente, e che potrebbe almeno in parte spiegare il ricorrente nesso fra comportamento pedofilo e condizione di prete.  

Riepilogando, abbiamo analizzato le principali componenti della pedofilia e abbiamo riscontrato regressione, autoritarismo, possessivismo morboso.  Guarda caso, si tratta dell’essenza più intima della teologia cattolica!  

Il cattolicesimo, fra tutte le religioni del mondo, è infatti quella che offre al popolo il maggior numero di simboli infantili: non a caso il personaggio più proposto, più venerato, più rappresentato e rispettato è una mamma. Poi, proprio come si fa con i bambini, vengono continuamente propinate  promesse, minacce, premi e punizioni. Raramente, o forse mai, si parla di responsabilità personale o di libere decisioni, quelli sono comportamenti troppo adulti, i cattolici possono solo osservare, seguire, credere,  aderire, obbedire, confessare, pentirsi, ecc.  

Sempre a proposito di regressione infantile, si osservi che il principale rito cattolico, nonché il comportamento più meritorio e sacro, è un comportamento “orale”, cioè l’eucarestia. Che i buoni cristiani debbano fare la comunione tutte le domeniche ricorda incredibilmente un vecchio luogo comune: “i bambini buoni mangiano tutta la pappa”. Non solo: nella liturgia cattolica si insiste, non a caso, sul fatto che l’ostia debba essere “imboccata” dalle mani del sacerdote, e non presa in mano dall’adepto. Come accade con una mamma che nutre un bambino che non sa ancora tenere in mano il cucchiaino.  

Pochi hanno notato che, a suo tempo, ci fu un richiamo di papa Wojtyla  proprio su questo argomento, ovvero dell’ostia “imboccata” dal prete, dato che molte chiese si stavano disinvoltamente protestantizzando su questa formalità apparentemente insignificante, distribuendo ostie direttamente nelle mani dei fedeli. Ma alla chiesa certi dettagli non sfuggono, perché ne conoscono l’enorme portata psicologica. 

Ed è infatti così che la chiesa vuole che siano i suoi sottoposti: inermi, inconsapevoli, bambini che si abbandonano ciecamente nelle mani di una autorità protettiva e consolatoria. Bambini che non sanno nemmeno usare le proprie mani. Guarda caso, anche i pedofili hanno bisogno di soggetti passivi ed inconsapevoli. Curioso vero? 

Sta di fatto che il bambino stuprato, vittima del pedofilo, magari del prete-pedofilo, è quindi una metafora del cattolico perfetto: sottomesso, timoroso, silenzioso, fiducioso che ciò che accade è per il suo bene. 

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Il prete pedofilo non cessa dunque di essere prete (“Tu es sacerdos in aeternum”), anzi, forse esprime nella forma più eloquente ed esplicita quella ideologia che la sua mente ha assorbito da anni e anni, finendo per identificarsi con essa. Avete notato? I preti pedofili se scoperti non lasciano mai il sacerdozio, a differenza dei preti che hanno avuto delle “banali” relazioni con donne. Inoltre, difficilmente vengono sospesi dalle celebrazioni religiose, tutt’al più vengono trasferiti “per non dare scandalo”.  

Ora sappiamo perché: la pedofilia esprime in realtà ruoli e significati profondamente ed intimamente “cattolici”, sebbene il prete pedofilo abbia il paradossale ruolo di essere contemporaneamente vittima (sia dei suoi problemi personali che di una ideologia oggettivamente nociva per l’equilibrio psichico) e carnefice (perché commette abusi senza preoccuparsi dei danni indelebili che procura agli altri).  

La dinamica “prete pedofilo-bambino” è dunque una efficace metafora del rapporto fra la chiesa e i suoi fedeli, fra l’istituzione possessiva e autoritaria, e i suoi seguaci ingenui e “bambini”.  

Tra l’altro  la chiesa, battezzando bambini inconsapevoli, e indottrinandoli sin dalla scuola materna, a ben vedere mette in atto le stesse tecniche di adescamento usate dai pedofili, che infatti fondano la loro seduzione proprio sulla non conoscenza, sulla non consapevolezza e persino sul senso di timore riverenziale che la vittima avverte “dopo” l’avvenuto “battesimo” (in questo caso il termine va interpretato con un doppio senso). 

In entrambi i casi, questi bambini “vittime” (sia di pedofili che di chiese pedofile) sanno provare solo sensi di colpa, e non l’opportuno e sacrosanto diritto alla propria integrità mentale e fisica. Infatti, come tutti gli psicoterapeuti sanno bene per esperienza professionale, ricevere una educazione rigidamente cattolica non lascia minori conseguenze negative nella personalità rispetto agli effetti dei traumi psicologici che derivano dal subire episodi di pedofilia. Anzi forse questi ultimi, essendo tutto sommato più circoscritti, possono essere superati più facilmente. 

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Un’altra analogia simbolica fra pedofilia e cattolicesimo la troviamo, nientemeno, nella messa. Che cos’è la messa? La rievocazione del sacrificio di una vittima innocente! Il rito del cosiddetto “agnello” che viene sacrificato sull’altare “per l’espiazione dei nostri peccati”.  

Un prete, dunque, che celebra la messa, drammatizza simbolicamente (per la teologia cattolica addirittura materialmente) il “sacrificio di una vittima innocente”.  Potremmo paradossalmente dire che anche i pedofili “sacrificano vittime innocenti”. Questo è molto importante perché è il cuore dell’ideologia cattolica. Abituare la propria mente a pensare che sacrificare vittime innocenti sia un rituale sacro, positivo, espiatorio, purificatore e da cui scaturisce il bene, può certamente confondere l’inconscio, “abituandolo” a concezioni sottilmente perverse e sacralizzate. 

Il prete pedofilo, stuprando bambini, per quanto spaventoso e deviante possa sembrare, non fa altro che “celebrare una messa”, usando simboli diversi ma evocando significati analoghi, ovvero: la vittima innocente va sacrificata. Il suo sangue non è la prova della violenza umana, al contrario, esso ci “lava” e ci purifica! Del resto, cose simili accadevano anche in molti antichi riti religiosi. Quanti poveri animali sono stati torturati, dissanguati e uccisi affinché i sacerdoti si illudessero, in tal modo, di ripulire sia la propria coscienza che quella altrui! 

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Possiamo infine concludere che il pedofilo, sia esso prete o no, è una persona con gravi problemi, che in modo irrazionale, deviante e purtroppo dannoso per gli altri, cerca sé stesso e la sua perduta identità sessuale.  Nel caso in cui il pedofilo sia un prete, la situazione è resa ancora più complessa a causa della nefasta influenza psichica di quella teologia che è stata oggetto dei suoi studi, della sua formazione e della sua vita. 

L’omertà della chiesa, e le sue solite negazioni dell’evidenza, oltretutto, impediscono a questi preti di essere curati, supportati da specialisti della psicologia, magari portati in psicoterapia. E perché no, studiati di più, affinché si possa tentare di prevenire il continuo ripetersi di questi fenomeni. 

Evidentemente la chiesa preferisce tenersi dei preti pedofili, che continueranno a fare vittime innocenti, piuttosto che correre il rischio di confrontarsi con delle menti liberate.